venerdì 28 dicembre 2012

Nè più mai


Ti devo dare una notizia brutta, brutta.


L'istante si congela e sei fermo immobile mentre attorno a te via Garibaldi è un mare di gente che vocia e ti si apre attorno e scorre come un fiume in piena impegnato nella corsa ai regali dell'ultimo momento. Le luci troppo forti delle vetrine ti girano attorno, non sai dove guardare e singhiozzi in mezzo a tutta quella felicità. Le dita ti formicolano e la testa ti gira, un milione di pensieri ti si affollano, non ti sei mai sentito così, ti vorresti sedere in mezzo alla strada e farti travolgere dalla gente che ti ignora e ti protegge.

buttato giù
non ce l'ha fatta
troppo dolore
autopsia
Natale
tardi

Ho chiamato te perchè il tuo numero lo so a memoria

Mi dispiace di essermi allontanato e chiuso già prima di stare male

Mi sei mancato un sacco
Anche tu

L'abbraccio più lungo del mondo davanti alla metro di Principi d'Acaja

Sai per caso dov'è mio fratello?
Ti prego fa che torni vivo
Sollievo

Giuseppe è con te? 
Senso di colpa
E' tornato adesso. Non era mai stato sveglio tanto a lungo
Sollievo

Ho voglia di andare a ballare

Facciamo un giro in centro?

Ti spiace se cambiamo strada? c'è troppa gente

Quella sera in piazza Bodoni anni fa in cui ti sei sdraiato sulle mie ginocchia come se fosse la cosa più naturale del mondo e tutti i venditori di rose che passavano ci prendevano per fidanzati

Ti ho portato quella lettera a Famiglia Cristiana fa troppo ridere.

Quel 10 agosto che volevamo andare a vedere le stelle cadenti ma tutte le strade della collina erano troppo illuminate e alla fine ci siamo sdraiati nel vialetto di una villa privata

Quella volta in macchina con una scatola di biscotti piena di sondaggi che ci ha proiettato in prima liceo.

La faccia della cameriera di Chez Gabi che si è vista arrivare due tizi con una scatola in mano e una tendenza irrefrenabile alla risata.
Per me una crepe alla nutella e un karkadè
Per me un piatto di agnolotti e una birra
Sarebbe stato più divertente se io avessi ordinato la crepe con la birra e tu gli agnolotti con il karkadè

Ci vediamo per un caffè?
Felicità

Oggi è morto mio nonno, usciamo?

Ci prendiamo un gelato? dopo il funerale di tuo padre

Sai ho poi iniziato jazz
Davvero? ma allora poi quando te la senti mi suoni qualcosa? da quando hai il pianoforte a coda non ti ho quasi mai sentito suonare
Certo!

La realtà è che mi sento egoista,

Perchè so che non mi farai più ridere con quella spontaneità quando ne avrò bisogno.
Perchè è adesso che ne ho bisogno

Perchè non scoppierai a ridere all'improvviso dicendomi "scusa è che stavo ancora ripensando a quella cosa..."

Perchè non andremo più al cinema a vedere i filmoni catastrofici apposta per ridere delle idiozie della sceneggiatura e degli effetti speciali

Non ci saranno più serate pizza e tenente Colombo

Non potremo scambiarci i sogni via sms

Non ti toglierai più le scarpe sdraiandoti sul mio letto senza chiedere il permesso

Non ci sarà nessuno che conosca il 90% dei miei amici e sia in grado di imitarli tutti

Perchè non potremo più dire "sai che c'è? mi sono proprio stufata di tizio" "Ti dirò, anche io" sapendo che l'unico rapporto che non avremmo messo in discussione era il nostro.

Perchè anche senza vederci per mesi un messaggio stupido prima o poi arrivava, seguito da un altro e poi un altro...

Perchè se c'è una persona e una sola che avrei immaginato senza fatica vicino a me fra trent'anni a ridere e a ricordare il liceo quello sei tu.

sabato 22 dicembre 2012

ISTOLOGIA (atto unico) (Le nebbie del tempo 3)

Sugli esami di Comoglio se ne sentono di ogni sorta, non potevo, anche a distanza di anni, non dire la mia. Questo dialogo porta data 2 Luglio 2007 e riporta il più fedelmente possibile il (piacevole) trauma del mio primo esame orale di medicina, così come trascritto il giorno stesso del suo svolgersi. E' bastato aggiungere le didascalie per farne una vera e propria piece teatrale. Inutile a dirsi che nulla è stato inventato e che il voto di istologia resta uno dei più immeritati sul mio libretto.

ISTOLOGIA (ATTO UNICO)



PERSONAGGI:
C: professore ordinario con personalità istrionica e uscite balzane
T: giovane e appassionato professore associato con la prospettiva di una brillante carriera
M: timida studentessa di medicina al primo esame orale

AMBIENTAZIONE:
Aula ottocentesca ad anfiteatro con i banchi di legno.
C è seduto alla cattedra e domina la scena, nei banchi decine di studenti fungono da pubblico. M è seduta in prima fila in disparte

SCENA PRIMA
T, C, due studenti

T fa il suo ingresso dalla porta laterale, si rivolge a C
T: Tu come sei messo? io ne ho ancora 4 di là [indica la porta da cui è entrato oltre la quale attendono dei tapini da interrogare]
C: io ho finito
T: allora te ne mando due
M e M: veramente siamo già qui, ci sono venuti a chiamare prima!
T si volta senza aggiungere nulla ed esce

SCENA SECONDA
C ed M

C [al pubblico]: vedete... in questi anni di esami ho acquisito una tale capacità che dalle prime TRE parole che lo studente dice so già se devo dargli 30, 20 oppure trombarlo... certe volte lo decido senza neanche le tre parole, solo guardandolo in faccia e vedendo come si siede. Allora a chi tocca?

M con aria preoccupata si alza e prende posto davanti alla cattedra

C: ah ecco, Lei era stata dirottata di là ma l'hanno rimandata di qua

M: sì

C: bene, scommettiamo che in tre minuti ha già finito?

M: non so, faccia Lei

C [ridacchia]: bene, allora facciamo un gioco... io prendo questo pezzo di carta [strappa dal foglio che ha davanti un rettangolo delle dimensioni di un assegno] e scrivo... anzi no, non è un bel gioco. Però facciamo così, io Le faccio una domanda, dopo tre parole scrivo il voto su questo foglio e poi senza pregiudizi continuo l'interrogazione, poi vediamo se mi sono sbagliato o se è uguale... può darsi che mi sbagli... chi vuole scommettere?

silenzio dalla platea

allora Le faccio una domanda [prende il programma e figura di sfogliarlo lungamente, scorrendo il dito su e giù sugli argomenti] mi dica la struttura... anzi no... Lei la parte dei vetrini l'ha già fatta...

M: sì, prima, di là

C: Benissimo allora mi dica [sfoglia ancora il programma] cos'è un impulso nervoso

M: sì, dunque l'impulso nervoso è il sistema di comunicazione utilizzato dalle cellule nervose, cioè i neuroni, e consiste nell'inversione temporanea della polarità di membrana

C: STOP! Aspetti. [si rivolge alla platea] scrivo! [con ampi gesti prende il foglietto strappato, scribacchia qualcosa e ripiega, poi si rivolge di nuovo a M] vada pure avanti

M: [un po' inquietata dall'interruzione] Sì, le cellule nervose hanno infatti una differenza di potenziale fra l'interno e l'esterno della membrana pari, se non soggette a stimoli, a -70 mV che è detto appunto potenziale di membrana a riposo. Questo potenziale è dovuto alla presenza di anioni fissi che sono...

C: [interrompendo e gridando in modo concitato] ANIONI FISSI! [rivolgendosi alla platea e gridando ancora più forte] HA DETTO ANIONI FISSI!!

M: [ancora più inquietata] sì... che sono delle molecole organiche cariche negativamente che costituiscono il punto di base da cui parte la cellula e poi è dovuto alla concentrazione del potassio che può uscire dalla cellula grazie alla presenza di canali del potassio che sono detti Leaky

C: [ripetendo la scena di prima] CANALI LEAKY!! HA DETTO LEAKY

M: sì, leaky significa semipermeabili e quindi gli ioni potassio possono uscire dalla cellula finchè non sono richiamati per gradiente chemiosmotico. Poi c'è la membrana sodio-potassio

C: AAAAH piccola imprecisione

M: la pompa sodio potassio

C: ah molto bene, si è corretta

M: perchè che ho detto?

C: ha detto membrana

M: ah, no, è stato un lapsus

C: [alla platea] vedete? è stato un lapsus

M: dicevo la pompa sodio-potassio ha lo scopo di mantenere o restaurare il gradiente perchè qualche ione sodio tende ad entrare nella cellula

C: un attimo e da dove entra?

M: dagli stessi canali Leaky, è un evento molto raro

C: mah... quello che mi sta dicendo io non lo so! Però è ragionevole... significherebbe...

M [esasperata dall'ennesima interruzione]: ...sì che una molecola di sodio ogni tanto, per caso, statisticamente, entra attraverso la membrana che pure è impermeabile al sodio e quindi questo alla lunga se non ci fosse un sistema di contrasto porterebbe all'annullamento del potenziale.

C: adesso non esageriamo, non si annulla! La membrana è impermeabile!

M: però si ridurrebbe il potenziale

C: mi sembra una cosa molto ragionevole, l'ha letto da qualche parte o è una congettura sua?

M: l'ha detto il prof. T. a lezione

C: allora è una cosa sicura, T è molto scrupoloso... Peccato però, poteva dire che ci aveva pensato Lei! Poteva mentire!

M: non mi sembrava proprio il caso... quindi la pompa sodio/potassio serve a mantenere il gradiente

C: sì, ma l'impulso nervoso cos'è?

M: quando giunge uno stimolo si aprono i canali del sodio e poichè il sodio è estremamente più concentrato all'esterno che all'interno della cellula questi entrano nel neurone e causano una temporanea inversione di polarità da -70 mV a + 30 mV circa. Dopo l'ingresso del sodio i canali si bloccano e non si aprono più per un certo periodo di tempo, rimangono in uno stato inattivo e questo garantisce la propagazione unidirezionale dell'impulso.

C: si ma questo impulso come si genera?

M: beh, c'è una cellula a monte, un neurone o una cellula sensoriale che costituisce una sinapsi con il neurone a valle e rilascia dei neurotrasmettitori

C: sì, ma all'interno della stessa cellula com'è che si propaga l'impulso?

M: per l'apertura sequenziale dei canali del sodio che percepiscono l'inversione di polarità di membrana e quindi l'ingresso del sodio fa aprire i canali del sodio a porta elettrica.

C: ecco il termine giusto è A PORTA ELETTRICA

M: sì sono canali che percepiscono la temporanea inversione di polarità...

C [interrompendo]: va bene, quindi in ultima analisi, la cosa che quasi nessuno capisce, cos'è che permette la formazione del potenziale di membrana?

M: i canali del potassio....?

C: che come sono??

M: leaky

C: SI'!!!!!!!!! è questa la cosa fondamentale! Non si è capito un accidente per 50 anni finchè non si è scoperto che i canali del potassio perdono! Senza i canali del potassio che perdono saremmo lì ancora adesso a chiederci come funzionano le idee, l'universo, la memoria... eppure lo capiscono in pochissimi... anche i libri di fisiologia spesso sbagliano!
Va bene, allora guardi... mi ero sbagliato? [prende il foglio, lo apre, e lo gira con aria trionfale come i presentatori televisivi con la busta del vincitore], cosa c'è scritto?

M: 30...

C: ...e lode, naturalmente! Vede che anche io ogni tanto mi sbaglio? [afferra una penna e corregge il foglio con foga, poi apre il libretto e scribacchia anche lì, quando alza gli occhi vede M ancora seduta in attesa del libretto] Cosa fa ancora qui? Vuole darmi un bacio?

M: NO! cioè sì, no!

C: guardi che se no ci sto!

M si alza e si gira

C: aspetti un attimo!

M si rigira

C: Lei cosa vuole fare dopo?


M: pensavo qualcosa di inerente alla clinica però in ambito medico tipo neurologia o medicina interna

C: magnifico! Tutte le persone intelligenti al primo anno di medicina vogliono fare neurologia, tutte le persone intelligenti al sesto anno scelgono oncologia.

M sorride con aria ebete e si allontana di nuovo

C: ASPETTI!

M si immobilizza all'istante

C: ma cosa ha preso di vetrini?

M: non lo so, non me l'han detto

C: devo andare a vedere!

C esce dalla porta posteriore

SCENA TERZA
C ed M

C rientra dalla porta posteriore, si avvicina a M e sussurra: per fortuna è andata bene anche di là... sa se no che figura di merda ci facevo??



sipario



sabato 8 dicembre 2012

CANCER (Le nebbie del tempo 2)


Il dizionario etimologico per la parola cancro riporta:

deriva da lat. Cancer, granchio. Genere di grave e dolorosa malattia in forma di tumore ulcerato e livido, che attacca di preferenza le parti del corpo dotate di senso più squisito, come la lingua, le labbra, gli occhi, le mammelle ecc. così denominato, perché suole essere circondato di vene turgide e varicose, che sembrano le gambe e le branchie del granchio, ovvero perché come questo animale è tenace alla preda, ed una volta afferrata colle sue branchie mai più l’abbandona.

E’ una descrizione bella, romantica, ottocentesca, ma si comprende a fondo solo se ne sei testimone.

A lezione ti dicono che i T4* della mammella non esistono più. Che “Sì, una volta quando ero studente mi è capitato di vederne uno su una signora che stava in un paesino sperduto in montagna…” Che ormai c’è lo screening, prevenzione serena per tutti.

Invece anno 2010, M. 54 anni, un marito amorevole ha proprio un T4.
T4N?M? per essere precisi, ma solo perché è appena arrivata e non hanno ancora fatto la TC, nessuno nutre dubbi sulla positività di quel N e quell’M. 
Le stanno facendo una biopsia al letto e gli specializzandi mi spronano ad assistere. 
Quando entro in stanza l’odore è strano, caratteristico della necrosi, scopro poi. Il chirurgo ha già predisposto tutto e quello che intravedo tra i telini verdi è a prima vista una mammella rivoltata. A una più acuta osservazione si dimostra in realtà tessuto tumorale, rigido e coriaceo che pian piano ha eroso la cute sovrastante esitando in una massa dura bianchiccia e in parte nerastra-necrotica che ricopre interamente la mammella destra. Per essere precisi se l’è mangiata, ha “afferrato colle sue branchie la preda” e non ha alcuna intenzione di abbandonarla.

La signora è pacifica e serena, per nulla inquietata dall’orrendo spettacolo, dalle facce sbigottite o schifate che la circondano e dall’armeggiare di bisturi del patologo al suo fianco. Chiacchiera del più e del meno con gli infermieri che passano le garze, ride e scherza. Il nodulo le era stato diagnosticato anni fa, ma da allora l’ha sempre e di proposito ignorato per motivi non chiari.

Per lo psichiatra è un chiarissimo caso di negazione, ora che inizia ad essere più consapevole c’è il serio rischio di un tentativo anticonservativo. Al termine della consulenza dà indicazione a smontare la maniglia della finestra della stanza.

Mi chiedo cosa abbia pensato il marito tutto questo tempo e se la consapevolezza della malattia le sia giunta all’improvviso, come una folgorazione, una mattina, guardandosi allo specchio. Mi chiedo qual è il punto di non ritorno, quando esattamente capisci che non puoi più ignorare. E cerco di immaginare l’abisso che ne segue. Molto, molto più della distanza tra terzo piano e il cortile.


*    T4 fa riferimento alla classificazione anatomo-patologica TNM dove T (seguito da un numero tra 1 e 4) indica le dimensioni e l'invasione della massa neoplastica, N l'estensione del coinvolgimento dei linfonodi e M specifica se ci sono metastasi a distanza. Il punto interrogativo o la x dopo la lettera stanno ad indicare che non è stata ancora eseguita una stadiazione. Un T4 è un tumore molto esteso, che nel caso della mammella erode i tessuti circostanti.

domenica 2 dicembre 2012

Have you ever had to sit in lecture and observe what is going on, only to realize that the people up there talking to you have no idea what you know or any clue of how their talk has anything to do with what we are learning? I would say that, on average, two to three lectures per week fit in this category. Now I said before that I am ok with things being a little rocky since it is a new curriculum, yadda yadda yadda. But at some point you have just got to wonder whether they really have ANY clue what the fuck is going on. They’ve had six fucking years to get their act together, and I do not get the impression they really have it. The odd part is that the new curriculum cut out some lectures, etc., but for the most part just rearranged lectures that were already being given in a different order so we see pathology the first year. So then why the hell, after six years of planning, is this so complicated? Why do we have hours of our lives taken away by someone talking about esoteric research thing that is totally irrelevant to what we are supposed to be learning? Why do we not get a schedule for the following week sometimes? Is it because they don’t even know themselves what the hell we are doing the next week? It sure as shit seems that way. Why is the poor office worker up late at night Xeroxing for us, as the doctor so dramatically portrayed in his grand speech? Because he and the other people in charge of our education don’t have THEIR fucking act together in the first place, and any complaints they receive from us are in essence a reflection of their own failure to demonstrate that they can plan an eight week class with six years of notice. For my thousands of dollars, I do not expect perfection or anything even close to it, but I do expect a certain basic level of organization or structure.


I think it is important that if you go to the SAO [Student Affairs Office], you emphasize that you only represent those students who have signed your petition. I, for one, do NOT like Rachel, and I know that there are other students, who, like me, feel that the SAO is running smoother and is a more welcoming place without her there. In almost every interaction I ever had with her I felt that she was rude and unfriendly, and I feel that she does not do a good job of making us feel welcome in the SAO. I understand that she was overworked and always too busy - but that was never an excuse to be rude to students. For fear of angering those of you who do like her, we can't as easily march in to the Dean’s office to express our applause for what has happened - and so I only ask that you emphasize that you do NOT represent the entire student body when you speak with the Dean. Thank you.

sabato 1 dicembre 2012

PRIMO TIROCINIO (Le nebbie del tempo 1)

C’è di buono che scrivo.

Ho frequentato il liceo classico e me ne vanto, ma, come per la musica e per tante altre cose che ho lasciato cadere nel tempo per colpa della medicina, non ho più quella vis nella scrittura che mi contraddistingueva al liceo. Mi è rimasta solo l’assoluta necessità di scrivere, di riportare le cose che accadono, ma lo faccio con difficoltà.
Di scrivere di getto a computer non sono capace. Il pensiero, per me, deve scorrere fluente dal cervello alla mano, uscire dalla penna e riversarsi sul foglio. Una volta mi riusciva bene, poi sempre peggio. Ma mi sono incaponita, ho continuato a riversare stentatamente sui miei quaderni le mie giornate, le impressioni. 
Ho sempre invidiato i blogger che raccontano la propria vita in tempo reale. Io necessito di rielaborazione, lunghissima rielaborazione prima di produrre un testo stampato. Per questo gran parte dei miei post non ha caratterizzazione temporale. In un certo senso questo è l’anti-blog, l’anti-diario.

Penso sia giunto tempo di rielaborare. Ci sono brani che possono essere recuperati dalle nebbie del tempo, ve li proporrò in ordine sparso sulla base dell’umore della giornata.

Questo è il primo.

18/11/2009


Oggi è l’ultimo giorno del primo tirocinio, tempo di bilanci. Ho visitato quotidianamente un totale di 27 pazienti, alcuni per qualche giorno appena, altri per più di un mese. Due sono morti, stessa patologia, stessa età, stesso letto, stessa settimana. Non è come nei film, dove la gente ha sempre la risposta pronta.
E’ un caso di sfiga clamoroso, a luglio il paziente vomita sangue, fanno gli accertamenti, ha la cirrosi HBV+ con ipertensione portale ed epatocarcinoma all’ultimo stadio. A metà ottobre capita nel nostro reparto.


Non c’è nessuna speranza – dice la nostra tutor

ma parla, sta bene! – a noi sembra impossibile

Non arriva al week end.

Ma lui lo sa?

La risposta ci arriva da sola.

Quattro studenti che giocano a fare il dottore da due settimane appena lasciati soli in stanza con un malato terminale che a quanto pare sta benissimo. Si lamenta della disorganizzazione del reparto, magnifica i termometri del pronto soccorso, poi d’improvviso cambia argomento
“Ma voi che siete così giovani… quanti anni avete?”
21, 22…
“Chi ve lo fa fare di stare in un posto di sofferenza così? Parlare con gente che oggi c’è, domani chissà… ci avete pensato? Vi sentite pronti?”
La mia compagna fa cenno di no con la testa perché già le viene da piangere
“Io non riuscirei a tornare a casa e dimenticare, a separare le cose, non ci sono mai riuscito, se avevo qualcosa in sospeso continuavo a pensarci finchè non era risolto”.
Che lavoro fa?
“Facevo” – sottolinea lui con aria triste
“Facevo una cosa completamente diversa e molto meno importante. Il contabile”.
Ma serve anche quello
“Certo serve” – alzata di spalle, seguita da lunga pausa.
“Io sarei pronto ad andarmene anche adesso, tanto ormai…”
A questo punto nelle serie televisive sui medici c’è sempre il dottore di turno Carter, JD, Chase o chicchessia che dice qualcosa tipo “non importa quello che si è fatto se lasciamo qualcosa di bello e viviamo quel che resta”
Il problema è che nella vita reale ti dici “Che ne so di quest’uomo? Che ne so se ha avuto una vita felice, se ha una moglie, dei figli, degli amici… Come posso fare il dottorino ventenne delle serie televisive?”
Così non gli ho detto la frase del copione né quel giorno né i successivi.
Il lunedì non rispondeva più.
Forse a qualcuno tocca sempre insegnare questa lezione ai futuri dottori e per noi quattro sei stato tu.
Ciao Vincenzo.


per questo e per i post passati e futuri: i dettagli, le storie, i nomi e i luoghi sono stati lievemente modificati per renderli non identificabili in nome del segreto professionale.



domenica 19 agosto 2012

PER LA STESSA RAGIONE DEL VIAGGIO, VIAGGIARE




Non c'è cammino troppo lungo per chi cammina lentamente, senza sforzarsi; non c'è meta troppo alta per chi vi si prepara con la pazienza.
Jean de La Bruyère







Estate 1998
in partenza per il Canada, mi innamoro di un paio di quei sandali che iniziano appena a diffondersi in Italia, quelli che di solito si vedono, accompagnati da immancabile calzino di spugna, ai piedi dei turisti tedeschi in vacanza sulla riviera romagnola.
Sono brutti, anche senza calze, ma sono freschi, ci si cammina bene, si asciugano in un attimo, non vanno cambiati quando cresci, si foggiano direttamente sulla forma dei tuoi piedi.

Così non li ho mollati più.



Hanno camminato con me: dalle foreste del Canada ai fiordi della Norvegia, dalla piovosa Stoccolma, al paese di babbo natale in Finlandia, dal ghiaccio del vatnajokull in Islanda all'asfalto cotto dal sole di Manhattan, dal Pier di San Francisco alle feste della birra della Baviera, dalla terra nera dell'Etna alla sabbia dell'Alentejo dallo stadio di Olimpia ai templi di Agrigento, dai ventimila gradini della Sagrada Familia a Barcellona a quelli del cupolone di San Pietro a Roma, dalla death valley a Las Vegas, dalle viuzze di Arles alle verdi praterie del Devonshire. Hanno fatto il bagno in quasi tutte le sponde del mediterraneo, nell'oceano Atlantico e nel Pacifico, nel golfo del Messico e nelle acque termali islandesi.
Per un totale (approssimativo) di almeno 6000 chilometri. Quanto il raggio terrestre, chilometro più, chilometro meno.
Sempre fedeli, mai una vescica, mai un crampo, mai una caduta o una scivolata sotto la pioggia. Fresche nei climi torridi, pronte ad asciugarsi sotto le piogge torrenziali e, confesso, ottime con i calzini in caso di freddo intenso.
Dimostrano tutti gli anni che portano, nelle suole consumate si intravede appena il marchio, il plantare ha assunto una tonalità di grigio inusuale, indelebile, la pelle non ha più la morbidezza di un tempo e il colore originale si intuisce solo dalla sfumatura ormai sbiadita dei legacci superiori, il velcro tiene appena...

ma potevo portare con me qualcos'altro in Sud America?


domenica 1 aprile 2012

GLI STUDI SON GIA' TERMINATI


Potrei aver trascorso l’ultimo giorno di studio della mia carriera universitaria al Valentino, in un tripudio di luce e profumi, circondata da torinesi che scoprono in massa la primavera, bambini che corrono e imparano ad andare in bicicletta, canoe che passano con dolce sciaguattio di remi, istruttori che sbraitano nei megafoni, ragazzi che prendono il sole, giocano a schiaccia 7, suonano lungo il fiume o danno spettacolo di giocoleria e funambolismo.

Non credevo che studiare in primavera fosse così crudele, più che a luglio, perché d’estate in fondo fa troppo caldo per poter godere appieno delle giornate e rinchiudersi in una vecchia biblioteca dagli spessi muri di mattoni può quasi sembrare un’idea allettante.

Essere costretti a snocciolare indicazioni chirurgiche mentre la natura si risveglia e  la brezza porta odore di fiori e carne alla griglia, invece, non fa che peggiorare la riluttanza che provo ad abbandonare il mondo universitario, accogliente e animata casa degli ultimi sei anni.

Ma questo dolce lungo addio alla vita da studente che si protrarrà in ogni caso per i prossimi tre mesi non poteva che iniziare dalle stesse pietre da cui un concittadino a inizio secolo cantava “Gli studi son già terminati abbiamo finito così di sognar”.

mercoledì 18 gennaio 2012

E' PIU' FACILE FARE 6 AL SUPERENALOTTO CHE 60 AI TIROCINI

Il carico didattico (ora piano carriera) è quella cosa che dovrebbe servire, nei normali corsi di laurea, a scegliere che attività svolgere nel proprio piano di studi, selezionandole tra l'offerta messa a punto dalla facoltà.

Va da sè che in un corso come Medicina, in cui il 99% degli esami NON è opzionale, questa "scelta" risulta piuttosto inutile... e con "inutile" intendo "resa a bella posta difficoltosa per ingenerare un grosso numero di errori, tale da rimpinguare le scarne casse dell'università con le sanzioni da 70 euro che si applicano a chi necessita di modificare il carico oltre il termine stabilito".

Lo ammetto.
Sono stata a una cena-carico-didattico. Vale a dire una serata in cui una decina di compagni di corso con la media tra il 28 e il 30 e lode si ritrovano in una casa per venire a capo del paradosso "per fare il carico didattico ci vuole una laurea, ma senza carico la laurea non me la danno".
Mettere in comune le riserve intellettuali dà conforto, aiuta a ricordare il nome di quell'ADE sulle cellule staminali frequentata al primo anno il cui codice si è perso nelle nebbie del tempo e offre la possibilità di ridere sulle proprie disgrazie anzichè lanciare il portatile dalla finestra seguendolo a ruota al grido di "verso l'infinito e oltre".

Ebbene, ecco 10 consigli preziosi da sfruttare entro il termine ufficiale della chiusura dei carichi.

1. la risposta alla prima domanda è sempre un controintuitivo no, in ossequio alla tradizione che perchè tutto rimanga com'è è necessario che tutto cambi... Il burocrate non è arrivato alla finezza intellettuale di volgere la domanda in positivo ("desideri mantenere la tua iscrizione full-time?"), ma ha astutamente provveduto a prevenire gli errori disponendo un invitante tasto NO proprio al centro della schermata, mentre il sì è triste in un angolo a sinistra. Non è geniale?

2. sempre in onore dell'intuitività e della semplificazione il tasto di conferma è sempre quello che non si chiama annulla, anche se è chiamato di volta in volta "modifica", "conferma la scelta", "prosegui", "salva", "proprio così", "tutto sommato può andare", "non posso fare altrimenti"

3. non farti mai domande sul senso della vita a metà di una pagina o scadrà la sessione e dovrai ricominciare tutto da capo

4. Trattieniti dal maledire chi ha deciso che i codici di tirocinio fossero tutti diversi anche se il numero di crediti è identico, e non cercare di risalire alla logica con cui i tirocini sono stati elencati: non per tipo, nè per anno, nè per nome, nè per codice. E' facile: le iniziali dei nomi dei tirocini da selezionare danno il segno zodiacale della tua anima gemella.

5. Incrociando i dati della tabella codici tirocinio del sito di medicina con quelli della data di nascita del tuo bisnonno e sottraendo la data astrale del primo episodio di Star Trek, otterrai un sacco di risultati utili quali il numero di scarpe del tuo dentista, l'interno della Nasa, una previsione sulla fine del mondo più accurata di quella dei Maya, ma MAI per nessun motivo saprai l'elenco corretto dei tirocini.

6. Giunto al sesto anno hai finalmente compreso perchè alle Attività Didattiche Elettive è stato dato un così tetro acronimo: i codici delle ADE dei primi anni sono finiti nell'omonimo inferno e sono persi per sempre.

7. Se proprio sei disperato puoi selezionare delle ADE a caso dall'elenco di 131 attività riportate... nessuno si prenderà la briga di controllarle una per una

8. Non credere di avere finito quando compare l'elenco dei corsi, devi ancora scorrerlo tutto e scovare il pulsante "Conferma" nascosto in basso, poi devi selezionare "Conferma definitivamente" e "Ma sei proprio sicuro?" "E' la tua risposta definitiva?" "Lo sai che se hai sbagliato qualcosa l'universo sprofonderà in un buco nero?"

9. è sempre meglio tenere a portata di mano il libretto dei tirocini, quello degli esami, quello delle ADE, l'intera raccolta delle guide dello studente da quando ti sei immatricolato ad oggi, ma alla fine l'unica cosa che veramente servirà è quello zampetto di coniglio regalatoti secoli fa da un lontano parente... quello e incrociare le dita tra il caricamento di una pagina e l'altra.

10. se tutto il resto fallisce, allora panic and freak out!




venerdì 13 gennaio 2012

M.E.D.I.C.I.N.A. (ultima lezione)

Torino, 12 Gennaio 2012


Anche se quando comincia sembra infinito,


anche se sono stati anni duri, pieni di esami, tirocini, voti, lezioni, professori,


anche se alla fine passa più in fretta di quanto si immagini,


oggi è stata l'ultima lezione di Medicina.


L'ultima lezione della mia vita da studente (se si esclude la scuola di specialità, che, ho deciso, non conta).


Quindi sì, la scuola è finita, dopo 19 anni i miei orari non saranno più scanditi dalla necessità di trovarmi in un dato posto a una data ora ad ascoltare un dato professore che parla di un dato argomento, mentre io tento di giustificare in qualche modo la mia presenza.


Never again...

ovviamente la condizione meritava di essere festeggiata. Ecco come:



M.E.D.I.C.I.N.A.*





Guarda, come siamo ridot-ti
siam calvi, gobbi ciechi, invecchiati
un po’ pazzi, ci ha ridotti così
uno stu-dio di sei anni



Pato, farmaco, anatomia,
radio e fisio, un miliardo di esami
abbiam dato, più le segreterie
con cui abbia-mo li-ti-ga-to



ma tutto questo è M.E.D.I.C.I.N.A
ne stiamo uscendo ormai da M.E.D.I.C.I.N.A


son sei anni che, ci proviamo e
siam vicini alla meta oramai


abbiam finito ‘sta M.E.D.I.C.I.N.A
ci laureeremo in M.E.D.I.C.I.N.A


fai le corna lo so, e fai bene perché
la tua vita dipenderà da me





Rolla, uno pazzo così non c’è
Rolla, viene e si siede lì
con te, parla con metafore da
dottor House che spie-ga il lupus



Rolla, se si annoia può fare di
tutto, tirar fuori Rossini
o la Imbruglia, fa anche i rebus se vuoi
con pa-to-lo-gie mor-ta-li




ma tutto questo è M.E.D.I.C.I.N.A
ci laureeremo in M.E.D.I.C.I.N.A


voglio uscire da qui, anche se poi si sa
questo un giorno mi mancherà


ma quanto dura ‘sta M.E.D.I.C.I.N.A
ma quanto è folle questa M.E.D.I.C.I.N.A


ho paura perché, fuori c’è un mondo che
pensa che siam dottori io e te





Veglio, ti conviene studiare
che è meglio, se stai attento al dettaglio
puoi fare, la tua diagnosi che
sarà sem-pre fran-ce-sca-na



Ma se, il mio esame tu vuoi
supe-rare, dalle Pazze non devi
an-dare, che lei col mio lavoro
ha la vil-la a ca-vo-ret-to



ma noi comunque dalle pazze ci andiam
e ventimila dis-pense compriam


c’è la pina che, i consigli ti dà
anche se una laurea (lei) non ha



M.E.D.I.C.I.N.A abbiam finito ‘sta M.E.D.I.C.I.N.A



Danni e Hirsch, Comoglio, Rinaudo
Monty, Mazzucco, non vi vedremo più



M.E.D.I.C.I.N.A ne stiamo uscendo ormai da M.E.D.I.C.I.N.A







* Mentecatti
  Esauriti
  Dottori
  Incaricati di
  Curare
  Il
  Nostro
  Avvenire





Si ringraziano:

 

Francesca Feyles per aver fatto nascere in me il germe di questa follia, aver continuato a fomentarmi e aver fornito la sua competenza tecnica alla coreografia

Monica Fornero per aver rinforzato significativamente la mia convinzione a finire in bellezza

Federica Chiale per aver accolto entusiasticamente l'idea prima ancora che nascesse e avermi spronato in extremis a finire l'opera in tempo


Chi
continuamente mi chiedeva i progressi sulla "canzone di Veglio" e ne ha poi ascoltato per primo i risultati



il IIB che con lo
spettacolo di Natale mi ha spronato a tornare a coinvolgere tutti i miei compagni


Robert Camos
per essere corso in mio aiuto al momento del crollo di ispirazione, aver prestato la sua voce tenorile alla base e la sua prestanza scenica al balletto



Gli inquilini di casa Gili
per aver trasformato una cena carico didattico in un folle palco di prova



Paola Brignolo
per l'inesauribile fonte di travestimenti costituita dalla sua collezione di cappelli e per le foto ricordo



Alain Porliod, Giulia Sbiroli, Sergio Vecchio,
sempre disponibili a lasciare ogni altro impegno per seguire le pazze imprese di un anomalo sesto anno


Tutti i compagni che, arrivati a lezione pensando di fare solo una foto di classe, si sono prestati di buon grado alla follia collettiva rendendo questo ultimo giorno indimenticabile.


se volete scaricare il video in una qualità decente o l'mp3 vi consiglio questa pagina,

... a breve in arrivo il backstage!