venerdì 16 agosto 2013

Due cose al mondo sono infinite: l'universo e la coda in segreteria

Certe cose non cambiano mai: passano gli anni, le facoltà muoiono, le scuole di medicina nascono, i capoccia vengono sostituiti, ma la coda in segreteria resta.
Mi scuso con gli affezionati lettori (che non ho) per la ripetizione di argomento, ma penso che pochi ricorderanno questo post di marzo 2009...

Università degli studi di Torino, 29 Luglio 2013, h. 10.00

Qualcuno in una segreta stanza dei bottoni carica un pdf sull'albo di ateneo, gesto che può apparire innocuo, ma che in realtà segna l'inizio di un count-down disperato: è l'ufficializzazione delle graduatorie dei concorsi di specialità di medicina, significa che i fortunati vincitori di una borsa hanno quattro giorni di tempo (incluso quello della pubblicazione) per perfezionare la propria immatricolazione, pena l'esclusione dalla scuola.
Lo ammetto, non ho passato la mattinata consumando F5 sulla pagina dell'albo: sono stata svegliata da un messaggio su whatsapp che mi comunicava la pubblicazione delle graduatorie e, come logico, mi sono fiondata a verificare di persona.

Casa mia, h. 10.10

ancora in pigiama apro la pagina personale dell'università, constato la veridicità delle mie fonti esultando un poco tra me e me e mi lancio alla ricerca delle istruzioni sull'immatricolazione.

stesso luogo h. 10.12

rinuncio a districarmi da me e per compiere i poco intuitivi passaggi burocratici mi faccio teleguidare passo passo via iMessage. Si tratta poi di schiacciare una serie di tasti di conferma su cose che non c'entrano nulla, ho già dichiarato nella pre-immatricolazione o semplicemente ignoro (tipo il punteggio dell'esame di stato, comodamente espresso in duecentosettantesimi e sparito da ogni documento in attesa dell'attestato ufficiale che dovrebbe giungere, secondo le previsioni del sito dell'ateneo, nel 2019).

stesso luogo h.10.22

Finisco la trafila e in premio ottengo un pdf con la domanda da compilare e un bollettino di 496 euro corrispondenti alla prima rata delle tasse da pagare, il resto ci sarà comodamente detratto dallo stipendio, quando ne avremo uno.
Provo a stamparlo ma la mia stampante si rifiuta. Non è la prima volta coi bollettini, di solito formattando da un punto di ripristino si risolve. Di solito. Ma questa, ovviamente non è una di quelle volte.
Lancio uno sguardo all'orologio (10.35) e inizio a pensare. Oggi è lunedì, la segreteria ha orario 9-11.00, probabilmente smetteranno di distribuire i numeri un po' prima... abito ad appena 800 metri di distanza, ma sono a piedi, quindi il limite temporale massimo per avere anche solo la speranza di passare di oggi scade tra meno di 10 minuti.
Anzichè ripristinare per l'ennesima volta la stampante tento di pagare il bollettino on-line, ma non trovo la chiavetta che genera i pin. Il bancomat è l'ultima speranza, mi precipito allo sportello più vicino, ma il sistema è fuori uso per via della forte grandinata di ieri sera.

via Nizza, h.10.48

tempo scaduto. Torno a casa mogia ben sapendo il delirio che mi aspetta domani.

Segreteria di Corso Massimo, 30 Luglio 2013, h.8.30, 31°C

E' sempre facile dire "domani mattina mi piazzo davanti alla segreteria un'ora prima che apra così sono il primo", ma, guarda caso, c'è sempre misteriosamente qualcuno più paranoico di te, così quando arrivo (con un anticipo che non è poi folle) il mucchio di persone in coda raggiunge almeno la trentina.
Tipica espressione da studente in coda in segreteria
(la barba è cresciuta e i capelli si sono incanutiti nell'attesa)

Come da manuale non c'è una fila vera e propria, ma un indistinto agglomerato di persone che chiacchierano tra loro. Tranne i primi tre che presidiano la porta con la forza d'animo di Gandalf nelle miliere di Moria, tutti gli altri raggiungono un gruppo di amici con cui fingono di chiacchierare per passare il tempo, in realtà non aspettano che il momento buono per lanciarsi sul distributore di numeri e scavalcare una ventina di persone.

stesso luogo h. 9.00

Finalmente con un cigolio sinistro la saracinesca si alza, i primi si lanciano sulle porte prima ancora che ci sia lo spazio per passare e quello che sembrava un raduno di amici incontratisi per caso al bar diventa un incontro di lotta greco-romana in un turbinio di arti tra l'esterno e l'anticamera della segreteria.
Mano a mano l'ordine viene riguadagnato e si forma una coda (che naturalmente è completamente diversa dall'ordine di arrivo) e ciascuno guadagna il proprio numero. Più quello per gli amici. E magari uno di scorta che non si sa mai. Riesco ad ottenere un onesto 28.
Il primissimo fortunato si accomoda allo sportello, tutti gli altri decidono di essersi meritati, con tanta fatica, una colazione ed invadono i bar limitrofi (totalmente impreparati ad un tale affollamento a fine luglio).

Nel caos di ordinazioni multiple e conti non pagati compagni di corso che non si vedono da mesi o da anni si ritrovano e si raccontano a vicenda le proprie peripezie; nuovi compagni di specialità fanno conoscenza, forse qualcuno fa anche in tempo a incontrare l'amore della propria vita.
Intanto, imperterrita, la segreteria svolge il proprio compito con la consueta, esasperante lentezza.

stesso luogo h. 10.00, 35°C

9 fortunati sono già riusciti ad immatricolarsi, mentre la distribuzione dei numeri ha raggiunto il numero 80. Qualcuno periodicamente parte in missione esplorativa per indagare l'avanzamento dei lavori e lo comunica a tutti gli altri. Di lì a poco fanno la comparsa delle creature della notte che alla chetichella distribuiscono moduli da compilare nell'attesa del proprio turno, con intestazione diversa per ogni scuola di specialità.
Immediatamente inizia l'accaparramento selvaggio: la folla si sposta davanti alla segreteria brandendo cannoli alla crema mezzi mangiucchiati e pretendendo il modulo per la propria scuola.
In tre minuti le copie finiscono e chi li distribuiva sparisce per sempre dietro a uno sportello senza proferire verbo.
Chi è riuscito a procurarsi il modulo corretto inizia a compilare buono buono in un angolo, gli altri, un po' interdetti, chiedono spiegazioni sputacchiando briciole di croissant, ma il muro degli uffici resta impenetrabile. Quando la folla questuante diventa troppo numerosa per essere sopportabile fa la propria comparsa una segretaria urlando che è inutile attendere i moduli perchè sono finiti e la stagista è andata a fotocopiarne di nuovi. Presto la distribuzione riprenderà.
La notizia viene accolta da un momento di sollievo, dovuto, più che alla rassicurazione sui moduli, alla consapevolezza che, probabilmente, qualunque cosa ci aspetti, è molto meglio che essere stagisti nella segreteria dell'università.

stesso luogo, h. 10.15

La distribuzione raggiunge il numero 100 proprio mentre il dodicesimo fa il proprio trionfale ingresso allo sportello, ma, ci rassicurano, la segreteria non chiuderà per pranzo come previsto (cioè dalle 11 alle 13.30). Ciò sposta le previsioni per la fine delle immatricolazioni da gennaio 2014 a novembre 2013.
Mi impadronisco anche io di un modulo da compilare, assieme ad una cinquantina di fortunati e assisto ad una prima ondata di panico: il modulo richiede dei dati anagrafici e le coordinate bancarie per l'accredito dello stipendio. Il branco di venticinquenni cresciuto tra la bambagia dei banchi alle prese col primo cosiddetto lavoro della propria vita mostra la propria natura: non tutti hanno un conto corrente, quasi nessuno ha dietro l'IBAN.
Improvvisamente l'interno e i dintorni della segreteria si trasformano in un call center: "Mamma, mi mandi per e-mail l'ultimo estratto conto della banca?" "Papà puoi fare una foto alla mia carta e mandarmela per sms?" "Ma' che ci devo scrivere qui dove dice CAB, ABI e un sacco di altre sigle strane?". Santissimi smartphone.

Il vero scompiglio giunge, però, quando qualcuno dei sopravvissuti, uscendo, si lascia sfuggire che la foto per la smart-card viene fatta dal vivo, durante l'immatricolazione, dentro la segreteria, attraverso il vetro antiproiettile.
Ci guardiamo in faccia e negli occhi di ciascuno leggiamo un identico orrore: siamo vestiti alla bell'e meglio: t-shirt da mare, canotte, copricostume, pettinature stravaganti, nulla con cui si desideri comparire sul tesserino da portare ogni giorno appeso al camice per i prossimi cinque anni.
Guardo l'ora (10.30), poi il numero che sta passando (18) e calcolo il tempo necessario a tornare a casa, fare una doccia, vestirmi in modo appena più presentabile dalla vita in su e tornare indietro. Dovrei farcela abbondantemente, ma nel dubbio inizio a correre.

casa mia, h. 10.40

Entro in casa, lancio i vestiti ovunque, mentre apro i cassetti alla ricerca di qualcosa di sensato da mettermi (ci son pur sempre 35 gradi) scrivo ai compagni rimasti in coda di recuperarmi un modulo e avvisarmi quando sono quasi al mio numero. Faccio la doccia più veloce della mia vita, asciugo i capelli col phon per togliere l'impressione "mi sono svegliato da 5 minuti mentre una mucca mi leccava il ciuffo" e mi precipito fuori di casa.

h. 10.59

sono di nuovo davanti alla segreteria, sono molto più sudata di prima della doccia, i capelli sembrano quelli di uno spaventapasseri in una gabbia di Faraday e sono vestita in modo ancora più assurdo di prima, con la camicia e le infradito come i mezzobusti del tiggì.



stesso luogo, h. 11.00

Un tizio esce e ci invita ad accomodarci all'interno, la segreteria chiude, ma chi è in possesso di un biglietto potrà rimanere nella afosissima sala d'attesa e aspettare il proprio turno.
Più di sessanta persone, in coda da due ore, ormai prive di speranza e della forza per protestare si accalcano nello spazio claustrofobico, si siedono a terra e continuano, rassegnate a chiacchierare.

h. 11.05

Una segretaria esce dal suo gabbiotto ed inizia a strillare cose come
"Fate silenzio! Siamo pur sempre in un ufficio pubblico, non potete fare tutta questa confusione, non riusciamo neanche a capire cosa ci dice chi sta dall'altra parte dello sportello"
Cara mia - penso tra me e me - se metti sessanta persone che non hanno nulla da fare in uno spazio adatto ad ospitarne dieci con 40 gradi, il minimo che ti puoi aspettare è che parlino tra loro, se non altro per accertarsi che i compagni non siano svenuti dal caldo.

"Noi stiamo lavorando"
Noi invece siamo chiaramente degli esseri perversi che traggono piacere dal restare ore in coda sotto il sole e pagare pure 500 euro per il privilegio

"Era del tutto imprevedibile che sareste arrivati tutti oggi"
Imprevedibile, forse, per i potenti mezzi di UniTo... Ci sono in tutto 4 giorni per iscriversi e il primo (come ho dimostrato) è inutilizzabile anche da chi abita sopra alla segreteria, nessuno si arrischierà ad aspettare l'ultimo perchè se qualcosa va storto perde la borsa. Logica vuole che delle 234 persone che hanno di fatto due giorni per iscriversi, metà circa sceglierà il primo giorno... fanno 118 persone in 4 ore di apertura dello sportello per un tempo netto di 2 minuti a persona. Se, di buona lena, il tempo necessario all'iscrizione sono 10 minuti non serve Nostradamus a prevedere la coda abnorme, basta un bambino di quinta elementare.

"Nessuno vi ha detto di accalcarvi tutti qui, noi restiamo aperti, quindi o fate silenzio oppure uscite fuori"
A questo punto, finalmente, qualcuno ha il buon gusto di far notare che se siamo tutti dentro non è perchè siamo fan della sauna finlandese, ma perchè un suo collega ci ha detto che chi restava fuori avrebbe dovuto rifare la fila.

"Non so chi ve l'abbia detto"
Probabilmente un'allucinazione mistica da calore, come San Pietro che appare a Fantozzi sopra la porta nelle partite di calcetto...

Per pura fortuna, prima che compia qualche gesto inconsulto, sul display appare il numero magico: 28.
E' il mio turno.

Rimango sconvolta dalla banalità della procedura. Mi avvicino allo sportello con il modulo compilato, consegno un documento, firmo dei fogli di cui ignoro il contenuto, mi chiedono nuovamente il voto dell'esame di abilitazione. La mia voglia di litigare è a zero e questo benedetto voto in duecentosettantesimi non me lo ricordo o non l'ho mai saputo, l'idea di rifare la coda, però, mi atterrisce più di un eventuale futuro controllo, quindi invento spudoratamente mantenendomi sul basso e sperando che dichiarare il falso a proprio sfavore non sia un reato.

Cambio sportello, è l'ora della foto. Ho passato così tanto tempo al caldo che la doccia è un lontanissimo ricordo e sicuramente non serve a darmi un aspetto migliore nella foto, almeno non se viene scattata attraverso un vetro sporco con una webcam.
Se solo avessero scritto sul sito dell'università di portare una fototessera l'avremmo anche fatto, invece no, la procedura prevede che la segretaria afferri con la mano una webcam di plastica effetto fisheye (che farà hipster nelle foto delle vacanze, ma sui ritratti è mortale), appoggi la suddetta webcam al vetro antiproiettile, chieda allo specializzando di fare "un passo indietro, no più a sinistra, guarda più in alto, no verso destra, ancora un po'...ecco sì così!" e scattare una foto di cui vergognarsi a vita.

Mi consegnano la fantomatica "smart-card" il cui nome fa decisamente a pugni con l'espressione da deficiente che sfoggio sulla foto, un lettore apposito, un foglio bianco, uno blu e le preziose istruzioni "questoèillettoredellasmartcard doveteattivarlaprimadiandareafirmareilcontrattomiraccomandononperdeteilfogliobluchedentroc'èilpin"
Firma in quadruplice copia per essere stata "adeguatamente informata in modo completo sul funzionamento della firma elettronica" e sono fuori.

E sono solo le 11.45

Beh, dai, pensavo peggio!